lunedì 24 novembre 2014

in lettura: JEROME FERRARI "Un dio un animale" (E/O)


la recensione per Repubblica/RSera


Incipit. “Le cose vanno male, certo. Eppure tu saresti partito, e tornato a casa quando l’abbraccio del mondo si fosse fatto troppo poderoso. Invece non è andata così, perché le cose vanno male in una loro maniera misteriosa e crudele, e fanno si che contro di loro si infrangano tutte le illusioni di lucidità. Sei partito, il mondo non ti ha abbracciato, e quando sei tornato non ti sentivi più a casa tua”.
Trama. il protagonista e voce narrante - ma che parla a sé stesso con un “tu” nel flusso della scrittura - ripensa la sua storia, prima  di ragazzo nato e cresciuto in un paese dell’interno della Corsica, percepito come una tomba da cui fuggire.  Solo l’amore fugace ed estivo con Magali, venuta in vacanza come ogni estate o le scorribande a caccia di merli con l’amico del cuore Jean-Do sono attimi felici di un’adolescenza magica. L’occasione della fuga sarà prima la vita militare, poi l’ingaggio come mercenario in Iraq insieme al suo amico fedele.  Sarà un viaggio all’inferno in cui il protagonista perderà anche l’amico. in parallelo Magali, mai più tornata in Corsica,  è diventata  manager in un’azienda di cacciatori di teste e la sua sola dimensione è un’altra guerra, quella della competitività a tutti i costi. Tornato a casa, di quel ragazzo felice non resta nulla, il suo mondo è sfaldato e l’orrore attraversato  in guerra lo divora.  Tenterà di ritrovare un appiglio i quei giorni felici da ragazzi,   cercherà Magali, che ritroverà a sua volta  in lui una chance per uscire dal tunnel di solitudini e orrore da colletti bianchi.  Sarà per loro una disperata, dolorosa ricerca di senso, altrettanto fugace e fragile come il loro amore giovanile, intorno  nulla sembra avere però più senso, nemmeno questo  loro tentativo.
Stile. Jerome Ferrari, premio Goncourt nel 2012, già nel  2008 mostrava con questo libro le sue doti di scrittore. Qui lo straniamento esistenziale che invade il protagonista e il lettore  è reso proprio  grazie all’abilità di Ferrari nel saper condensare in 117 pagine una storia a più strati e profonda. La fine di un mondo contadino, l’impalpabilità dell’amore, lo spaesamento di individui soli,  la guerra contemporanea e il sistema delle aziende e del lavoro, accumunati dalla medesima privazione di speranza: tutti temi toccati con l’escamotage di un monologo interiore condotto con la seconda persona dalla voce narrante del protagonista, ormai tornato a casa. Lo stesso Ferrari fa con l’altro personaggio femminile, Magali, fino a fondere in un’unica onda narrativa di grande fascino queste due solitudini. Stessa caustica capacità anche di rendere con poche immagini o frasi, precise, poetiche le illuminazioni del protagonista sul mistero terribile e grandioso della vita anche quando è intrisa di morte. Tutto ciò però  non trova riparo in nessuna casa, in nessun luogo originario, in nessun amore.

Pregi e difetti. Libro bello,  amaro. Con una durezza forse esibita, forse necessaria.  A tratti insostenibile in certi passaggi la violenza, pure oggettiva,  a tratti commovente nel saper trasmettere pietà di fronte alla ferocia. Quella eterna dell’anime come dell’uomo, non differenti, quella eterna di Dio verso tutti. E che pure è amore, indicibile. Romanzo che pretende un lettore attento, che segua l’onda del fluire della scrittura che non sia in  cerca di facili. consolazioni.

estratto

pag, 20..."Prima che l'ubriachezza rendesse irriconoscibili le tue nostalgie hai pensato che niente ti avrebbe fatto più piacere del rivedere quel paese da cui spesso avevi desiderato scappare. Sei voluto tornare per ritrovare qualcosa che forse in quel momento avevi già perso, perso per sempre. Hai continuato a bere e le cose sono state tremendamente chiare, hai valutato la portata vertiginosa della sconfitta che sarebbe arrivata e della tua impotenza, e ti sei detto che se avevi un minimo di coraggio e compassione saresti effettivamente dovuto tornare a casa senza far rumore, mentre tutti dormivano, e piazzare una pallottola nella nuca di tua madre e una nella nuca di tuo padre, poi passare di casa in casa armato di coraggio e di amore per ammazzare i vecchi,sgozzare poppanti nelle proprie culle e i genitori nel tepore del letto coniugale e tutti i bambini uno per uno, e trafiggere il cuore palpitante delle ragazze perse nei loro sciocchi sogni."....

 Sentimenti da cartavetro passata sul rovescio della pelle.
Ferrari  Premio Goncourt per l'affascinante altro libro,  "Sermone sulla caduta di Roma" del 2012


Nessun commento:

Posta un commento

SINNO (E LATTANZI O D'ADAMO): CORPI ESTRANEI ANTILETTERARI, QUINDI LETTERARI?

Allora, lunga riflessione : il libro di Neige Sinno, “Triste tigre” ha avuto notevoli riconoscimenti letterari in Francia, è stato tradotto...