Nella nuova raccolta di Italo testa “L’indifferenza
naturale” (Marcos y Marcos) potremmo dire che la poesia – parafrasando Zanzotto – posa lo sguardo dentro
il paesaggio. Sulla scia degli altri lavori del poeta (nato a
Castel’Arquato nel 1972, attivo come con
diverse raccolte da circa quindici anni e direttore della rivista “L’Ulisse”)
l’ultimo lavoro concentra la ricerca, lo scavo, la domanda , sul punto chiave
della poesia così come la conosciamo nell’epoca della modernità, concentrata
sulla ricostruzione di una visione del mondo e attraverso i testi, definisca la
linea d’orizzonte della realtà che è
introno a chi guarda.
In questo caso, seppur rarefatto, in un’atmosfera sospesa
, siamo dentro un paesaggio contemporaneo, nordico, con flash assorbiti dalla
biografia di un poeta che si muove tra il parmense e Milano : pianura,
conglomerati urbani, una vasto limbo di autostrade, escrescenze vegetali
indistinte, indomma lo spazio umano e naturale insieme, che cresce senza un
disegno.
Metropoli, natura, non c’è differenza. Il perno della poesia è come viene scritta la restituzione di questo sguardo dentro il testo. Nel dettaglio, ciò a cui ruota “L’indifferenza naturale” è come si accoglie il caos di vita e materia, la metamorfosi che pullula dentro L’io-che-percepisce (“la mente che rumina” scrive Testa ).
il soggetto che osserva,si muove, slitta lungo assi, dentro le vastità, ma pure indaga, come una radiografia del poco visibile, interstizi minori, l’invisibile del reale e pure realissimo, tutti sciami di realtà sottratti al centro: fossi, pozze, sterrati, non luoghi tra natura e cultura. Dentro questo minimo mondo, la vita brulica con ostinata perseveranza, nella sua “esposizione” indifferente al nostro sguardo, ma pure alla distruzione della stessa natura, che sta – in questo libro che costruisce una sua originale fenomenologia – tra la “lenta costruzione” di una visione.
Se la lirica è non tanto e non solo una espressione del sé, quanto forse una domanda, una sorta di meditazione che si
chiede quali siano le condizioni che un soggetto ha per “percepire ed esprimere
la realtà che vive”: e se la poesia lirica
è ciò che agisce anche attraverso quel particolare dispositivo che i ltesto
stesso che pone la domanda, bè allora
Italo Testa è un poeta lirico.
Sta dentro un idea generale condivisa di lirica e pure è sperimentale nel prendere la tradizione farla sua e – ben consapevole per la sua vasta esperienza sia teoretica che critica – cercare di rinnovarla, di mutarla..
Sta dentro un idea generale condivisa di lirica e pure è sperimentale nel prendere la tradizione farla sua e – ben consapevole per la sua vasta esperienza sia teoretica che critica – cercare di rinnovarla, di mutarla..
Nei testi abbondano strade, pianori, fossi e canali, disegnano
la geometria di una passione della presenza colta nel suo contrario, come
sparizione del sé.
Poesia dopo poesia Testa ci porta in un universo aurorale, bianco, polveroso, silente – tutto è minima stasi, compresa quella di un “io” – più fisico o luogo che Soggetto - che seppure inevitabilmente registra l’accadere, anche se non pronuncia sé stesso come pronome, ma resta origine o termine di quel percepito.
Poesia dopo poesia Testa ci porta in un universo aurorale, bianco, polveroso, silente – tutto è minima stasi, compresa quella di un “io” – più fisico o luogo che Soggetto - che seppure inevitabilmente registra l’accadere, anche se non pronuncia sé stesso come pronome, ma resta origine o termine di quel percepito.
Chi percepisce è dunque innazitutto per Testa, una cosa tra
cose, senza prevaricare..
Chi percepisce però resta diviso dal mondo , non è possibile altrimenti: è proprio lo sguardo, la mente che lo distingue ancora – in due parole, ripescando una storia della poesia tra 900 e XXI secolo, la domanda è : come poter essere oltre Valery e le avanguardie partendo dagli stessi temi? Così in una formula ridurrei Italo Testa.
Chi percepisce però resta diviso dal mondo , non è possibile altrimenti: è proprio lo sguardo, la mente che lo distingue ancora – in due parole, ripescando una storia della poesia tra 900 e XXI secolo, la domanda è : come poter essere oltre Valery e le avanguardie partendo dagli stessi temi? Così in una formula ridurrei Italo Testa.
Il mondo delle sue poesie è un Tutto immerso in una sorta
di chiarità, una luminosità che per certi versi sembra quasi da un lato onirica
dall'altra è polvere bianca materica e reale di strade laterali, lungo canali d
i scolo padani, luoghi d’origine del
poeta: qui è “la vita che ignota fermenta nei fossi “ e che fa da correlativo
di un’attività mentale e onirica di noi “ che Muti boccheggiamo alla rinfusa”
come “anguille nel fitto di una chiusa”. Il distico, la rima baciata, la
metrica e un lontano riandare a Montale, ma spostando in luoghi meno netti,
seppur nel dorso negativo del mondo, come era nel poeta degli Ossi.
Il 900 è lontano, soggetto, cose e biologia stanno dentro
un’unica - e non facilmente riducibile a definizione – condizione d’esistere in cui l’immagine primaria sembra essere
quell’acquitrino in cui “la vita anonima
fermenta”.
Da questa
condizione di mescolamento dentro un indistinto paesaggio il poeta parla decentrato
“da questa indifferenza” che esplode nel torpore e consuma le cose.
L’attitudine fenomenologica è di un
percettore che cammina, passa tra viali, luoghi anonimi, ma che come in
Zanzotto del Galateo, rivelano poi sottocodici storici, sentieri della
resistenza, presenza dei morti di una stoia che non aveva ancora questa
dimensione dell’anonimia. E’ dalla natura che arriva il pungere di una memoria
che piante e sassi conservano, ad
esempio sul monte Giogo. Oggi dove era morte e sangue, distruzione dei
combattenti per la libertà
“la storia ha fissato
Una tranquilla dimora,
prendiamo possesso, noi
Di un tempo che frana
Per una traccia andiamo
Che a voi ci riconduca”
E‘ dunque un mondo di presenze e luci, come anche di
“piante senza nome” – che tuttavia ce l’hanno, come gli “infidi ailanti” ,a cui
dedica una sezione, le “vegetali epidemie” di un arbusto che, dalle origini orientali arrivato anche del
nostro paese, infesta i bordi delle autostrade, piante che i più vedono anonime
e in quelle parti non di non-luogo che
attraversiamo. In esse, queste “gemme
crudelissime” strappate alla loro
anonimia, lo sguardo si identifica, partecipe, nello sfarinare del paesaggio
medesimo.
La misura è nell’ utilizzo di endecasillabi, di base, con
alcuni slittamenti iper o ipo metrici, con diverse risonanze fonetiche per una
versificazione che alterna libertà e costruzione, in cerca di una misura, come
se di fronte a tutto questo disfacimento, la poesia di un autore degli Anni
Zero rispetto ai percorsi di ricerca iniziati negli anni 60, fosse fin troppo
consapevole, ritenendo non più necessaria la decostruzione mimetica del
linguaggio o ogni qualsivoglia sua ideologia.
. Geologia, storia, il presente di pace sgomenta che emerge
da questi testi, è fatto da materiali
abbandonati, la natura che prolifera in una sorta di disordine senza senso,
senza un sentimento metafisico della stessa natura che si manifesta
Dov’è la ridondanza delle lame
Lo sciame che rigurgita dai fossi,
ancora spogli quando avanza il niente
nell’aria più lucida, e più demente.
Tutto questo si somma nella poesia di Testa, ci conduce attraverso una beanza di fronte a squarci di paesaggio, là dove “fioriva il limonio/dove l’acqua stagnante s’intorbida” : quadri di natura ambivalente a fare da scenario di una rincorsa percettiva tra l’io e l’altro. nello spazio di riconoscimento percettivo , in “io E l’altro” per riformulare Rimabud.
La poesia ne resta un luogo primario e dunque la scelta stilistica non può seguire l’esempio delle avanguardie , non può essere un deragliamento linguistico perché il suo primo luogo di manifestazione del dire è proprio nel medesimo spazio,” io e l’altro” dentro la comprensione, dentro la grammatica di comunità, che rimane aperta, tra il testo e il suo lettore.
Italo Testa si concede una dimensione anche lessicale controllata, in cui alla proliferazione nominale dei dettagli naturali, corrispondono occorrenze testuali referenti ad un universo chiaro e luminoso piuttosto omogeneo, che sconfina anche in riproposizione di “ariette” settecentesche, acquerelli di ripetizioni fonetiche che sembrano un lento gocciolare in certi testi haiku o la sospesa immobilità dei quadri di Morandi.
A essere felici
In una luce dura
Sotto il muro altissimo
Infrangono lo schermo
Di acque velate
Le anatre al mattino
Fiore a fiore aspirano
Il giallo improvviso
Delle forsizie
Il percorso mattutino di rivelazione luminosa azzarda una felicità
del vivere in questo continuo rimuginare del lavorio percettivo che è principalmente un
abbandono, “perché ogni cosa si senta/ e tutto sia nostro // perché
nell'abbandono/ tutto ci attenda”, senza manipolare soggettivamente, senza che
l’interpretazione prevalga sulle cose. Da qui il richiamo a questa indifferenza
naturale che è uno stare nelle cose e un
invito all’altro ad una condivisione che “ti consegni al fuoco /mentre inizi a
essere /come non sei mai stata”.
L’asse verticale della mente si arricchisce nella misura in
cui scambia la dimensione di un abbandono al mondo come gesto orizzontale verso
una mente altra, non specchio. Lo spazio del fenomeno è intimamente legato ad
una tensione di relazione, di “meraviglia”
e “dedizione” verso il mondo .
Il mondo accade anche senza di noi, quindi nessuna volontà
di costringerlo in categorie e ridurlo alla sola nominazione, anzi la poesia da
un lato è proprio questa possibilità di far essere il percepito senza il
percettore. Eppure nel medesimo tempo, è parte di un’attività di
conoscenza .
Anche l’amare passa
per questo scivolare, dimenticare, perdersi, abbandonarsi e aspettare che come
un’unghiata dall’invisibile, l’altro ci prenda. Il “verde” ovvero l’universo
vegetale che in queste poesie è così presente e invade il soggetto che si muove
in questi testi, è la potenza dell’accadere, e invade anche “la lingua” - termine nella sua duplice
valenza di corpo che percepisce e di linguaggio, “nudo” e “aperto al canto/ di
tutto ciò che non ho amato”.
La percezione del mondo, la conoscenza ripassa per questa
condizione di possibilità che riconduce alla radice del pathos, ma con una
chiave diversa non romantica, ma di rispetto dell’alterità anche irriducibile a
essere conosciuta del mondo, come del resto c’è una conoscenza solo attraverso
il riconoscimento dell’altro, solo nell’esposizione nudo all’altro. Ciò che è
fuori di noi, passa in noi ma non si trattiene, non possiamo dirlo proprio, non
ci appartiene, ci è di fronte, ed è splendente, meraviglioso anche senza di
noi, anche senza la nostra meraviglia.
L’impermanente, il filo che si perde
L’ansia, la bava che cola alla bocca,
l’inapparente che più non ci tocca;
era questo, e non è più nominabile,
iridescente, il manto d’apparenza:
la ghirlanda stesa, sul cuore immobile,
immobilmente spende dell’assenza.
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Altre poesie da "indifferenza naturale"
Il cuore pesato
come la favola del provinciale / perso nella grande città:
sul piazzale dove le vie convergono / si orienta guardando i tigli
lo stradario ramato delle macchie / che qui tempestano le foglie.
tutto è foresta, le torri d’acciaio / le pareti specchianti, i vetri
sono stagni fatati, rami e tronchi / percorsi da corvi parlanti;
sarà come la fiaba del ragazzo / che sposa la selva e tramuta
le vene in cavi d’acciaio, gli occhi / in biglie di vetro incolori:
se un passante per sbaglio lo sfiora / scioglie il sortilegio, lo lascia
cadere in pezzi, nei mille frantumi / degli aghi di pino del bosco.
così cammini, in trance, lungo i viali / macinando un solo pensiero
dopo giorni che nessuno ti parla / ti ammali di luce, di passi
votati alla strage, scagliati a caso / sulla mappa degli abitati,
la raggiera delle strade a scomparsa / dove il nulla ti ha invaso;
e passare l’incrocio che nessun dio / contadino guarda e protegge
è esporsi al vento gelato che spira / dall’ombra lunata del male:
o sarà come il bambino velato / dell’apologo che a tastoni
risale sulla cresta del cuscino / e incosciente si lascia andare
fino al giorno in cui avrà il cuore pesato / e gli occhi offerti su un altare
di nuvole, sino al nido del merlo / dove una corona di piume
sul fondo azzurro cupo dell’infanzia / lo inchioderà al suo dolore.
sul piazzale dove le vie convergono / si orienta guardando i tigli
lo stradario ramato delle macchie / che qui tempestano le foglie.
tutto è foresta, le torri d’acciaio / le pareti specchianti, i vetri
sono stagni fatati, rami e tronchi / percorsi da corvi parlanti;
sarà come la fiaba del ragazzo / che sposa la selva e tramuta
le vene in cavi d’acciaio, gli occhi / in biglie di vetro incolori:
se un passante per sbaglio lo sfiora / scioglie il sortilegio, lo lascia
cadere in pezzi, nei mille frantumi / degli aghi di pino del bosco.
così cammini, in trance, lungo i viali / macinando un solo pensiero
dopo giorni che nessuno ti parla / ti ammali di luce, di passi
votati alla strage, scagliati a caso / sulla mappa degli abitati,
la raggiera delle strade a scomparsa / dove il nulla ti ha invaso;
e passare l’incrocio che nessun dio / contadino guarda e protegge
è esporsi al vento gelato che spira / dall’ombra lunata del male:
o sarà come il bambino velato / dell’apologo che a tastoni
risale sulla cresta del cuscino / e incosciente si lascia andare
fino al giorno in cui avrà il cuore pesato / e gli occhi offerti su un altare
di nuvole, sino al nido del merlo / dove una corona di piume
sul fondo azzurro cupo dell’infanzia / lo inchioderà al suo dolore.
***
Codice stradale
ma il salice piegato a difesa dei container non ha istruito il giorno il suo carico d’angoscia risale il cavalcavia tra i tir incolonnati non conosce quest’attesa a corsie alternate se l’anima è un biancore imbevuto di neon e aree industriali rattrappite nella nebbia qui è sempre linea continua qui solo gli aironi possono testimoniare ogni sorpasso qui ruotare il becco a presidio della strada qui squalificare gli astanti il guardrail sfondato.
***
perché sono arrivati e ci chiamano
dalle cascine sparse nella neve
e nel dicembre luminoso affondano
dietro le quinte mobili del giorno;
ho provato a fermarli: non ascoltano,
camminano sugli argini, proseguono
stringendo le spalle contro il vento
si piegano in avanti, a passi lenti
raggiungono il cofano innevato,
l’auto lasciata in mezzo al campo;
ho provato a chiamarli: non guardano
in nessuna direzione, s’inoltrano
sulla pianura estesa nel chiarore
da cui sono arrivati infine tornano.
dalle cascine sparse nella neve
e nel dicembre luminoso affondano
dietro le quinte mobili del giorno;
ho provato a fermarli: non ascoltano,
camminano sugli argini, proseguono
stringendo le spalle contro il vento
si piegano in avanti, a passi lenti
raggiungono il cofano innevato,
l’auto lasciata in mezzo al campo;
ho provato a chiamarli: non guardano
in nessuna direzione, s’inoltrano
sulla pianura estesa nel chiarore
da cui sono arrivati infine tornano.
***
Bianca
si apre un vuoto tra le cose
e in mezzo il pieno dei tuoi occhi
“eccomi”, dicono, “sarò nuda”
mentre stacchi un piede da terra,
“chiedo di essere amata,
………………………………..e guardata
nel palmo aperto delle mani”,
e in mezzo il pieno dei tuoi occhi
“eccomi”, dicono, “sarò nuda”
mentre stacchi un piede da terra,
“chiedo di essere amata,
………………………………..e guardata
nel palmo aperto delle mani”,
domani sarai polvere nel prato
come un animale sdraiato
a guardare la fuga dei rami
come un animale sdraiato
a guardare la fuga dei rami
“eccomi”,
……………..mi chiami, così bianca
nella luce, così intensa,
sei sul punto di fare un passo avanti
con le labbra ferme,
terribilmente serie, senti
……………..mi chiami, così bianca
nella luce, così intensa,
sei sul punto di fare un passo avanti
con le labbra ferme,
terribilmente serie, senti
di essere pronta a cibarti dalle mani.
***
contro l’ago inflessibile e ancora
la roccia, il bianco magnetico e in alto
falde e falde di nebbia
la roccia, il bianco magnetico e in alto
falde e falde di nebbia
ora risuona, ora sbanda e riprova
ad alzarsi contro le palme grondanti
contro gli ailanti accesi
ad alzarsi contro le palme grondanti
contro gli ailanti accesi
è un muro di calce la luce viva
e s’apre, nel grigioazzurro sfarina
calamitata a riva
e s’apre, nel grigioazzurro sfarina
calamitata a riva
lui guarda, prova a pensarsi in quel quadro
un viaggiatore perso in un anfratto
uno scarto del tempo
un viaggiatore perso in un anfratto
uno scarto del tempo
su una carta cigliata
non segnata su alcuna mappa
come ogni vero luogo immaginata
non segnata su alcuna mappa
come ogni vero luogo immaginata
mentre l’isola nella pioggia
scivola sotto un’immensa onda bianca
in una glassa d’acqua
scivola sotto un’immensa onda bianca
in una glassa d’acqua
e la costa innominata sparisce
dalle pagine intatte del cielo
bianca, vaporizzata
dalle pagine intatte del cielo
bianca, vaporizzata
in un volo latteo di schiuma
nella lacrima, sulla cornea bianca
dell’estraneo che guarda.
nella lacrima, sulla cornea bianca
dell’estraneo che guarda.
Sono stato sposato per 7 anni. Il mio matrimonio si è deteriorato per un po 'di tempo, quindi era destinato a sciogliersi. Ero la sua moglie leale, fedele, solidale e fiduciosa. Aveva un altro lato selvaggio che è andato fuori controllo. L'ultimo incidente è stato quando ho scoperto che aveva una relazione 2 settimane prima del nostro 14 ° anniversario di matrimonio. Di punto in bianco mio marito ha appena lanciato il discorso sul divorzio su di me. Ero così ferita ed essendo una donna indipendente, pensavo di poter sopportare l'essere single. Era così difficile andare avanti, quindi ho dovuto chiedere aiuto. Il nostro terapista matrimoniale pensava che "qualcosa" non andasse bene in mio marito. Sono andato online e ho scoperto il dottor Adeleke e le sue buone recensioni sul lavoro di incantesimo. L'ho contattato per un lavoro di incantesimo d'amore e ho fatto tutto ciò che il dottor Adeleke mi ha ordinato di fare, 2 giorni dopo la mattina intorno alle 09:34, sono rimasto totalmente scioccato da come mio marito mi ha chiamato dicendomi quanto gli mancavo. Il suo incantesimo ha funzionato su di me così velocemente e mio marito è stato così amorevole, naturale e sto avendo un matrimonio felice dopo aver usato il suo incantesimo d'amore. Se sei in un matrimonio senza amore e infelice che non può essere salvato, credimi ... C'è luce alla fine di questo tunnel. La dottoressa Adeleke può anche lanciare incantesimi di morte, risolvere casi giudiziari, riportare indietro la tua partner omosessuale e riportare indietro la tua partner lesbica. Puoi raggiungerlo sul suo Tel / Whatsapp +27740386124
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