Detto addio al Novecento, come aveva dichiarato nel suo
libro precedente con il libro “I poemetti della sera” (Einaudi) Aldo Nove
prende il largo, da un lato, verso territori di scrittura poetica che è
difficile classificare criticamente, anche se sul vascello le provviste sono tutte
quelle che il secolo ha lasciato. Aldo Nove
è un erede del 900 ma forse in questo libro, come già anche negli ultimi che ha
scritto tra prosa e poesia, sta lasciando a sua volta un’eredità molto
difficile da gestire, a chi volesse arrivare dopo di lui, guardando a uno degli
autori più importanti degli ultimi trent’anni. E’ un’esperienza complessa, che
somiglia a quella delle generazioni di figli del boom economico (cui appartengo
anche io) nati negli anni ’60 e che hanno fatto registrare il più basso tasso
di natalità italiano nella prima metà degli anni ’90, intorno al compimento del
loro trentesimo anno. Dal boom all’opaco, al fine-storia. Erano gli anni dell’esordio di Nove in prosa (ma in resta erano poemetti anche
quelli, fu Balestrini a convincerlo a scriverli come “prosa in prosa”) con “Woobinda” per Castelvecchi. Prima c’era stata poesia, firmata Antonello
Satta Centanin, nome reale.
L’eredità per un libro come “Poemetti della sera” è questione complessa, per un autore che di fatto la usa per disfarsene, ma ala fine la usa. E’ un libro, a me sembra; leggibile, quando sembra alludere a saperi di illeggibilità, con più strati, ironici, di citazioni, riferimenti. Un labirinto di gioco tra vero e falsificazione.
L’eredità per un libro come “Poemetti della sera” è questione complessa, per un autore che di fatto la usa per disfarsene, ma ala fine la usa. E’ un libro, a me sembra; leggibile, quando sembra alludere a saperi di illeggibilità, con più strati, ironici, di citazioni, riferimenti. Un labirinto di gioco tra vero e falsificazione.
E’ non ereditabile, questa esperienza poetica, proprio
perché percorso di trasformazione, iniziato pubblicando oltre trenta anni fa poesia,
nonostante l’aggregazione temporanea a gruppi (Cannibali) Nove ha sempre avuto voce
originale, in una contaminazione col
lato pop della scrittura che recuperava tuttavia un’ampia tradizione di
clownerie (Palazzeschi), ma più tragica (Milo De Angelis). Elegia, crepuscolo, immerse in acido, autoparodia continua. In poesia, ancora più evidente, era trattare
il cuore tragico dentro un cimitero dello spazio lirico, ravvivato
eroticamente dai fantasmi e dagli
oggetti del consumo. Le cose, però in
Nove risaltano come fenomeni, feticci, amuleti, reliquie in un'allegria di
defunti - e dunque, irridendole come prodotti poi si sono sempre salvate come
ricordi, con un repertorio di formazione che va da Nietzsche al pigiamino,
dalla TV a Rilke (con appunto due padri diversissimi, opposti tra loro,
storicamente, Nanni Balestrini a
sinistra, Milo De Angelis a destra) .
MILANO E' ANCORA ASFALTO: SIAMO ANCORA QUI
Tutto l’eclettismo, ma con una prevalenza per il pensiero oltre il limite, ritorna anche in “ Poemetti della sera”. Tutti i suoi interessi e le letture con un ritorno a quello spavento cosmico che lo riallaccia a Leopardi via Oriente, via cercando un Grumo di autenticità, un antico senza tempo cui fa costantemente riferimento (la parla chiave di Nove è “Galassie” che è sia il pop di Star Trek che l’ultra-temporale, riallacciandola a un’idea di tempo indagata tanto dalla gnoseologia mistica orientale ed europea-medievale, che dalla fisica (“l’essere impersonale e onnisciente fuori dalle categorie kantiane di spazio e tempo”, dice l’autore in un’intervista) e ancora universi, costellazioni, geologie anche se tutto si gioca poi sull'asfalto di Milano o in una villetta di Viggiù - sono tutti possibili luoghi in cui come da tempi paralleli si cammina per “campi ancestrali”
Tutto l’eclettismo, ma con una prevalenza per il pensiero oltre il limite, ritorna anche in “ Poemetti della sera”. Tutti i suoi interessi e le letture con un ritorno a quello spavento cosmico che lo riallaccia a Leopardi via Oriente, via cercando un Grumo di autenticità, un antico senza tempo cui fa costantemente riferimento (la parla chiave di Nove è “Galassie” che è sia il pop di Star Trek che l’ultra-temporale, riallacciandola a un’idea di tempo indagata tanto dalla gnoseologia mistica orientale ed europea-medievale, che dalla fisica (“l’essere impersonale e onnisciente fuori dalle categorie kantiane di spazio e tempo”, dice l’autore in un’intervista) e ancora universi, costellazioni, geologie anche se tutto si gioca poi sull'asfalto di Milano o in una villetta di Viggiù - sono tutti possibili luoghi in cui come da tempi paralleli si cammina per “campi ancestrali”
Come all’improvviso l’asfalto
di Milano riversi azzurro
succo di melograno
nei sogni confusi della sera,
chiusi alle parole, denso
di sole dentro ciascuno e l’ombra
di nessuno torna da campi ancestrali
ci parla di noi, lo fa a dismisura. (..)
La metropoli in questa poesia “George Trakl in Traum” (ecco il
900 reliquia onirica ) è ormai una città postuma in cui l'ancestrale riemerge
dalla soffitta della storia come un giocattolo, come un Commodore come un
televisore in bianco e nero nella percezione mentale di un “cranio spezzato”. C'è qui la
facies mortale della storia che fa capolinea in questa allegoria di poemi o
in questi poemi allegorici.
C'è sempre un precedente originario, un antecedente incorrotto, il luogo della madre , più che delle madri, indiviso unico rispetto al mondo che sempre degenerazione ospedale accelerazione dove tutto è questo “qui/nell’urgenza / mostruosa del dove” non ci si precipita al rientro dal sogno.
C'è sempre un precedente originario, un antecedente incorrotto, il luogo della madre , più che delle madri, indiviso unico rispetto al mondo che sempre degenerazione ospedale accelerazione dove tutto è questo “qui/nell’urgenza / mostruosa del dove” non ci si precipita al rientro dal sogno.
Il sogno e il ricordo
del passato vanno a coincidere e diventano parte di un infinito statico eterno,
e tuttavia l'universo precipita in una metonimia del “pezzettino”, dell'ospedale, il mondo è apparso Dunque il tradimento il loop che scorre si ripete dove non
siamo.
Nove radicalmente oppone il suo scetticismo verso il
presente dopo pure averlo frequentato e essersi contaminato, sia con i
linguaggi che nella condivisione dei destini, dedicando attenzione ai viventi
incastrati nella storia.
Ora il poeta è vero, sembra parlare da un altrove e verso un altrove.
Recupera toni antichi di linguaggio e metro (Jacopone, Pascoli) e punta il
laser verso l’infinito: “Guarda madre quel luogo./Quel luogo
lontano/Lo vedi?/ Prima che tu nascessi lo abitavamo”. Nove pratica qui un inno
con accenti volutamente (dobbiamo immaginare) arresi alla semplicità difficile, di parole che dicono in modo quasi ingenuo
l’obiettivo di una ricerca interiore: “sono
ora la più grande forza del mondo” .
Si allude a una percezione mistica del ricongiungimento prima di ogni io e tu, prima di ogni essere a un non-essere della materia che è tutta la “profondità della materia/ per darmi vita” in una elegia germinativa. Da un lato quel punto-embrione profondo di tutta la materia è maternità generativa (“Il tuo odore/ è l’odore dell’universo/ che nasce/ con me bambino, uovo/ dischiuso di nuovo”) nella continuità sia con “Addio mio Novecento” sia soprattutto con “Maria” in uno stupore di meraviglia nella posizione dell'infanzia come condizione eterna di una coscienza dello stupore.
Dall’altro lato però, nella determinazione personale di “globi azzurri”, occhi che il poeta eredita dalla madre, c’è anche la consapevolezza che quel punto del passato, apparentemente un origine piena in sé, era preludio di un avvenire: “nulla che in te che non sia/ futuro/ io respiro”. E’ vero , all’inizio c’era un “tutto”, poi c’è stato uno “sventramento della storia”, un trauma, una trasformazione psicologica e storica, ma esser vissuti dentro il tempo storico è stato anche bello. il sigillo di quella pienezza era anche nelle cose trovate nel bosco della vita, percorso oggi nel ricordo, come fiaba ed epopea, avventura, l’infanzia in una foresta-sogno esplorata dal bambino diventano ora una dimensione psico-sentimentale, una materia di realtà non decifrabile né identificabile, se non come generico “inizio”:
Si allude a una percezione mistica del ricongiungimento prima di ogni io e tu, prima di ogni essere a un non-essere della materia che è tutta la “profondità della materia/ per darmi vita” in una elegia germinativa. Da un lato quel punto-embrione profondo di tutta la materia è maternità generativa (“Il tuo odore/ è l’odore dell’universo/ che nasce/ con me bambino, uovo/ dischiuso di nuovo”) nella continuità sia con “Addio mio Novecento” sia soprattutto con “Maria” in uno stupore di meraviglia nella posizione dell'infanzia come condizione eterna di una coscienza dello stupore.
Dall’altro lato però, nella determinazione personale di “globi azzurri”, occhi che il poeta eredita dalla madre, c’è anche la consapevolezza che quel punto del passato, apparentemente un origine piena in sé, era preludio di un avvenire: “nulla che in te che non sia/ futuro/ io respiro”. E’ vero , all’inizio c’era un “tutto”, poi c’è stato uno “sventramento della storia”, un trauma, una trasformazione psicologica e storica, ma esser vissuti dentro il tempo storico è stato anche bello. il sigillo di quella pienezza era anche nelle cose trovate nel bosco della vita, percorso oggi nel ricordo, come fiaba ed epopea, avventura, l’infanzia in una foresta-sogno esplorata dal bambino diventano ora una dimensione psico-sentimentale, una materia di realtà non decifrabile né identificabile, se non come generico “inizio”:
Quando un giorno tutto questo sarà dimenticato
lo chiameremo passato
e sarà solo un gioco, è stato
un gioco ancora da fare.
Si chiama inizio:
Si chiama inizio:
la fine e il respirare
di ogni creatura
Il punto del bios è dunque il marchio di un processo che solo attraverso la dimenticanza, potrà riaffiorare come nella memoria involontaria a rimetterci in quel punto di sorgente.
LA fine della storia ci ha riconsegnato a un “altrove” che non è tuttavia rifugio, ma gioco che così come è stato fatto, è ancora da fare.
UNA COSCIENZA DELLA MORTE (LEOPARDI, L'INFINITO, LO SPAZIO GALATTICO)
Per questo, per quanto forte sia l’assertività verso una dimensione di sconfinamento e certo questo sia un poetare che ha preso il largo verso un oblio storico, tutto il repertorio, l’archivio mistico delle cose ci riporta a una qualità che abbiamo già vissuto NELLA storia, come se però fosse l’inizio DELLA storia di tutta la storia e la materia e fosse quell’elegia, un collocarsi di nuovo (specie per noi che leggiamo) in una ripartenza della storia stessa. E’ tutto qui il punto doppio di un poeta che è assolutamente rappresentativo del nostro tempo anche se a lui piace la dimensione del non-tempo.
Nove resta un poeta tragico, nella storia, malgrado i suoi interessi. Tra Balestrini e De Angelis, finisco per tirare in ballo, qua e là, anche Giudici (che pure è citato, vedi oltre).
Il punto del bios è dunque il marchio di un processo che solo attraverso la dimenticanza, potrà riaffiorare come nella memoria involontaria a rimetterci in quel punto di sorgente.
LA fine della storia ci ha riconsegnato a un “altrove” che non è tuttavia rifugio, ma gioco che così come è stato fatto, è ancora da fare.
UNA COSCIENZA DELLA MORTE (LEOPARDI, L'INFINITO, LO SPAZIO GALATTICO)
Per questo, per quanto forte sia l’assertività verso una dimensione di sconfinamento e certo questo sia un poetare che ha preso il largo verso un oblio storico, tutto il repertorio, l’archivio mistico delle cose ci riporta a una qualità che abbiamo già vissuto NELLA storia, come se però fosse l’inizio DELLA storia di tutta la storia e la materia e fosse quell’elegia, un collocarsi di nuovo (specie per noi che leggiamo) in una ripartenza della storia stessa. E’ tutto qui il punto doppio di un poeta che è assolutamente rappresentativo del nostro tempo anche se a lui piace la dimensione del non-tempo.
Nove resta un poeta tragico, nella storia, malgrado i suoi interessi. Tra Balestrini e De Angelis, finisco per tirare in ballo, qua e là, anche Giudici (che pure è citato, vedi oltre).
Era, quel futuro,
quello della generazione, intesa come gestazione e parto, un essere gettati
nella storia. Per questo forse questi poemetti sono una sorta di passaggio di
testimone, enigmatico, forse non voluto, con una segreta fiducia.
In quanto neonato il poeta si definisce anche egli in quello “squarcio/ in cui rispondo all’appello/che mi hai lanciato/”. Essere creati è entrare in un gioco della storia, anche se oggi l’io-poeta sembra parlarci da un altrove perché gli è insostenibile anche la memoria di un secolo, ma pure quel secolo è stato non è rinnegato.
E dunque ora è bene che si rigiochi. L’appello del poeta è a creare, a creare biologicamente, anche laddove egli sia biograficamente che filosoficamente si è tirato fuori dal gioco collocandosi sulla soglia di una visione della morte, in attesa.
In quanto neonato il poeta si definisce anche egli in quello “squarcio/ in cui rispondo all’appello/che mi hai lanciato/”. Essere creati è entrare in un gioco della storia, anche se oggi l’io-poeta sembra parlarci da un altrove perché gli è insostenibile anche la memoria di un secolo, ma pure quel secolo è stato non è rinnegato.
E dunque ora è bene che si rigiochi. L’appello del poeta è a creare, a creare biologicamente, anche laddove egli sia biograficamente che filosoficamente si è tirato fuori dal gioco collocandosi sulla soglia di una visione della morte, in attesa.
Il giorno della mia morte
non ci saranno più differenze
tra l’urlo degli alberi che ancora
reclamano il mio nome
e quello di tutti
E dunque un desiderio enunciato di matrimonio mistico “con
ogni istante” e con “ogni destino/ che dentro di me/già cresce/come un
bambino”. C’è una grande stanchezza
di gioia, un abbandono, una
“resa/ di ogni paura che oggi ci trattiene” in questi versi di Nove.
E’ una poesia del ritorno, finalmente, non nostalgico, ma oltre la nostalgia, verso un punto di destino che tuttavia mantiene qualcosa di storico che deve avvenire (“il giorno della mia/morte potrò scegliere/cosa diventare”) anche se lo ricollega fuori da “bisogni” che hanno deviato, nella storia, “i sogni”.
Non sappiamo se Nove riesca a collocarsi spiritualmente in quel punto, certo parla dal margine di una delusione storica cocente per una generazione che era stata gettata nel mondo sull’onda della fiducia del boom economico, della possibilità di essere quegli astronauti come Armostrong di chi sotto le coperte da bambino viaggiava “immobile negli spazi/ lontani” scrive ne “L’attimo azzurro “ che compivano piccoli passetti da bambini ma grandi passi ( e grandi speranze) per l’umanità.
E’ una poesia del ritorno, finalmente, non nostalgico, ma oltre la nostalgia, verso un punto di destino che tuttavia mantiene qualcosa di storico che deve avvenire (“il giorno della mia/morte potrò scegliere/cosa diventare”) anche se lo ricollega fuori da “bisogni” che hanno deviato, nella storia, “i sogni”.
Non sappiamo se Nove riesca a collocarsi spiritualmente in quel punto, certo parla dal margine di una delusione storica cocente per una generazione che era stata gettata nel mondo sull’onda della fiducia del boom economico, della possibilità di essere quegli astronauti come Armostrong di chi sotto le coperte da bambino viaggiava “immobile negli spazi/ lontani” scrive ne “L’attimo azzurro “ che compivano piccoli passetti da bambini ma grandi passi ( e grandi speranze) per l’umanità.
Ero astronauta
clandestino
dentro il centro
di ogni cosa
che si apriva
Come Dante, smarrito stavolta però più verso la fine del
cammino, questo ex bambino che sognava Armostrong si ritrova a cercare un
“sentiero” verso un “sobborgo materno del cielo”, come scrive non a caso intitolato “Parafrasi del
primo canto dell’ Inferno”. Anche Dante era uno sconfitto storicamente, un
esiliato, un fallito. La tragedia di Narciso, il suo perdersi senza immagina di
sé, nel buio. Insomma non tanto Luis Armostrong, ma - come generazione - ritrovarsi ad essere ora Frank Poole, il
personaggio vice della Discovery One di “2001 odissea nello spazio” di Kubrick che
uscito dalla navetta si perderà nel cosmo. E allora tanto vale a quel cosmo, a
quell’”universo contratto” in cui si era,
ora desiderare di tornare.
La generazione dei maschi bianchi nati col boom economico è quella che più vive (e speso non accetta ) la sua disfatta dentro una disfatta storica di quelle speranze collettive. Una delusione storica e di genere, che (laddove nella pratica genera disparità e una conflittualità sociale tragica) in Nove si edulcora e si fa metafisica: bambini “traditi dalle apparenze” quei “bagliori /d’assoluto traditi/ allettati/allietati/ da comfort sbagliati”.
La citazione all’amato Giudici e al riconoscersi in quella delusione che negli anni 60 era già nel poeta di “una sera come tante” e da allora non è stato che un continuo “loop/ del domani che è ieri/ da sempre” . Non siamo nati, non siamo morti, essere gettati è stato questo essere “malati” per “copione di altri”. Vita come prigione dentro una malattia che è la vita stessa, ripercorrendo la maledizione di Leopardi ma pure accenti mistici a ricongiungersi a “l’originaria/scintilla” che va incarnata “nello scandalo/osceno dell’amore/universale”. Siamo sempre lì, nel “luogo” dove cercare la madre, ma tutto passa per la storia che abbandoniamo.
La generazione dei maschi bianchi nati col boom economico è quella che più vive (e speso non accetta ) la sua disfatta dentro una disfatta storica di quelle speranze collettive. Una delusione storica e di genere, che (laddove nella pratica genera disparità e una conflittualità sociale tragica) in Nove si edulcora e si fa metafisica: bambini “traditi dalle apparenze” quei “bagliori /d’assoluto traditi/ allettati/allietati/ da comfort sbagliati”.
La citazione all’amato Giudici e al riconoscersi in quella delusione che negli anni 60 era già nel poeta di “una sera come tante” e da allora non è stato che un continuo “loop/ del domani che è ieri/ da sempre” . Non siamo nati, non siamo morti, essere gettati è stato questo essere “malati” per “copione di altri”. Vita come prigione dentro una malattia che è la vita stessa, ripercorrendo la maledizione di Leopardi ma pure accenti mistici a ricongiungersi a “l’originaria/scintilla” che va incarnata “nello scandalo/osceno dell’amore/universale”. Siamo sempre lì, nel “luogo” dove cercare la madre, ma tutto passa per la storia che abbandoniamo.
POST-IPER SCRITTURA LETTERARIA
Va detta ora una cosa, oltre i temi, su come Nove procede
stilisticamente. LA ribellione all’adesso è praticata con una poesia di
altisonanti aggettivi, nominalismi, assertività, in sequenze di versi spesso
mono o bi-verbali, in tenuta metrico-ritmica però, ricche di citazioni
esplicite o meno.
Una pratica testuale, stilistica, di accumulazione e elencazione, di ridondanza ancora una volta tra il salmodiante (come richiamato anche nella quarta di copertina) e il rap, o meglio il “flow”, quei linguaggi comunicativo-spettacolari con cui Nove ha sempre flirtato. L'accumulazione frammentaria è del resto ancora una pratica del'900, anche se l'intenzione qui sono quelle di saltare di pari passo tutta la poesia novecentesca dell'esistenza, della costruzione o decostruzione di una soggettività assente o negativa (da Montale alle avanguardie ) verso dimensioni spirituali radicalmente .
Una pratica testuale, stilistica, di accumulazione e elencazione, di ridondanza ancora una volta tra il salmodiante (come richiamato anche nella quarta di copertina) e il rap, o meglio il “flow”, quei linguaggi comunicativo-spettacolari con cui Nove ha sempre flirtato. L'accumulazione frammentaria è del resto ancora una pratica del'900, anche se l'intenzione qui sono quelle di saltare di pari passo tutta la poesia novecentesca dell'esistenza, della costruzione o decostruzione di una soggettività assente o negativa (da Montale alle avanguardie ) verso dimensioni spirituali radicalmente .
Un legame si potrebbe anche trovare , col 900, proprio
mettendo assieme questa quasi-prosopopea di autenticità cercata, definita in un
andamento meditativo e aforistico che è
pienamente novecentesco (la stagione della parola innamorata, certo Milo De
Angelis degli inizi, le sue prose di “poesia e destino” o Cesare Viviani - o l’ultima Gualtieri, ma per certi accenti più
semplicistici che sconfinano nel pop - in Nove Voluto) .
Nulla toglie però il sospetto che sebbene questa autenticità sia dichiarata come opposizione al mondo ” spettacolarmente capovolto” la stessa autenticità, indicata nominalmente, sia invece una possibile falsificazione ironica , pratica che continua a fare di Aldo Nove un poeta postmoderno.
Non è questo un difetto, anzi, è un arricchimento di una posizione che altrimenti lo metterebbe in quella dimensione dell’ autenticismo ingenuo e povero dal punto di vista di ciò che per noi è poesia (almeno noi come comunità di eredi del 900) dove prevale uno scandire consolatorio di verità asserite, specie nelle allusioni alla cultura orientale, che non hanno culla a che fare con lo stile, con il linguaggio in cui il senso si dà testualmente (un nome su tutti, modello negativo: Candiani).
Nove si differenzia per questo sospetto di sublime ironia, di un doppio salto mortale ironico, da quei pensierini che vanno a capo con elegie di bene universale che cercano nella semplice decantazione di questa virtù spirituale la legittimazione per una poesia che Testualmente non esiste, essendo solo una riflessione che debitrice del buddismo che appunto, della poesia ha solo l’andare a capo. Se invoca “l’attimo azzurro” che tutti siamo stati, è pur ver oche lo fa come altrove rispetto al tempo in cui “abbiamo indossato la maschera/ che abbiamo/ tu che leggi/ io che ho scritto”. Doppia maschera, quella di chi se la toglie dicendo “ho la maschera”, ma potrebbe averne ancora una, sotto l’altra.
Nulla toglie però il sospetto che sebbene questa autenticità sia dichiarata come opposizione al mondo ” spettacolarmente capovolto” la stessa autenticità, indicata nominalmente, sia invece una possibile falsificazione ironica , pratica che continua a fare di Aldo Nove un poeta postmoderno.
Non è questo un difetto, anzi, è un arricchimento di una posizione che altrimenti lo metterebbe in quella dimensione dell’ autenticismo ingenuo e povero dal punto di vista di ciò che per noi è poesia (almeno noi come comunità di eredi del 900) dove prevale uno scandire consolatorio di verità asserite, specie nelle allusioni alla cultura orientale, che non hanno culla a che fare con lo stile, con il linguaggio in cui il senso si dà testualmente (un nome su tutti, modello negativo: Candiani).
Nove si differenzia per questo sospetto di sublime ironia, di un doppio salto mortale ironico, da quei pensierini che vanno a capo con elegie di bene universale che cercano nella semplice decantazione di questa virtù spirituale la legittimazione per una poesia che Testualmente non esiste, essendo solo una riflessione che debitrice del buddismo che appunto, della poesia ha solo l’andare a capo. Se invoca “l’attimo azzurro” che tutti siamo stati, è pur ver oche lo fa come altrove rispetto al tempo in cui “abbiamo indossato la maschera/ che abbiamo/ tu che leggi/ io che ho scritto”. Doppia maschera, quella di chi se la toglie dicendo “ho la maschera”, ma potrebbe averne ancora una, sotto l’altra.
Aldo Nove non permette nessuna riduzione, ci costringe a
dire che cerca l'autentico ma al tempo stesso ci dà enormi segnali che nemmeno
lui ci crede fino in fondo, che nessuno
può crederci fino in fondo, che se lo dici “autentico” è solo un significante -
è il fantasma paterno di Balestrini che lo tiene sempre sul chi vive. In base
alla premesse di ciò che è scritto (anche qui nei poemetti) se è scritto è
falso, e dunque entriamo nel paradosso del mentitore - e siamo nel pieno 900 di Wittgenstein e di tutta la
filosofia del linguaggio, fino a Lacan.
Certo c'è una posizione fortemente oppositiva al mondo di falsità, di progresso, di profitto, opposizione al mondo ospedale, mondo della trasformazione della malattia a cui con un ironico richiamo Aldo nove contrappone una mitologia dell'infanzia del “pigiamino celeste” perfettamente riconosce riconducibile a un punto storico preciso dell’infanzia.
DIRE NO (C'E' CHI DICE NO) IL NO E' L'INCIMPO DELL'IMPERATORE
Certo c'è una posizione fortemente oppositiva al mondo di falsità, di progresso, di profitto, opposizione al mondo ospedale, mondo della trasformazione della malattia a cui con un ironico richiamo Aldo nove contrappone una mitologia dell'infanzia del “pigiamino celeste” perfettamente riconosce riconducibile a un punto storico preciso dell’infanzia.
DIRE NO (C'E' CHI DICE NO) IL NO E' L'INCIMPO DELL'IMPERATORE
La radicalità di Aldo Nove è questa : che l'esistenza che
aspetta un segno nel negativo non è più contemplata, come era appunto un segnale una rottura, nella
tradizione classica del 900 . Ma neppure la sola testualità che pure viene
abilmente rievocata è ricreata in questa forma del tutto originale. Qui c’è una
“Rivolta contro il mondo contemporaneo” dal titolo di una poesia (ispirato
probabilmente a “Rivolta contro il mondo moderno” di Julius Evola, che forse è
quel filosofo che in nota Aldo Nove dice “molto intuì molto sbagliò”) che è
quella di un bambino che dice no a tutto. Non vuole dialogare, ma usando il
linguaggio costruisce un’abile dialettica della negazione di ciò che è esterno
all’uomo, all’io, partendo da una presunzione di coscienza degli uomini
superiori, riassunti nella frase (anch’essa abilmente costruita in una
dialettica interna inattaccabile, tanto da essere vera perché appare vera) “nessuno
è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo” come diceva Goethe.
E dunque tutto è privazione di libertà, tutto è impero della mente, pensiero
unico, anche se voi - dice l’io-poeta in uno slancio di superiorità egotica -
pensate di esserlo (voi pensate di essere liberi, io lo sono veramente).
Procedendo per negazioni o manque che diventano totalizzanti “l’impero della mente/ è un film mai girato/ ma trasmesso” e “da tutti, da sempre/ guardato” così l’impero della mente si compiace che “più manca/ più c’è” (qui sembra di essere in piana teologia negativa mista a Freud letto da Lacan “ l’impero della mente/ vive la nostra vita)
Naturalmente somiglia all’”Impero “ del libro descritto da Toni Negri e la stessa frase “impero della mente” è (non so se Nove da lì l’abbia tratta) discorso di Winston Churchill negli stati uniti nel 1943. Lo citiamo:
Procedendo per negazioni o manque che diventano totalizzanti “l’impero della mente/ è un film mai girato/ ma trasmesso” e “da tutti, da sempre/ guardato” così l’impero della mente si compiace che “più manca/ più c’è” (qui sembra di essere in piana teologia negativa mista a Freud letto da Lacan “ l’impero della mente/ vive la nostra vita)
Naturalmente somiglia all’”Impero “ del libro descritto da Toni Negri e la stessa frase “impero della mente” è (non so se Nove da lì l’abbia tratta) discorso di Winston Churchill negli stati uniti nel 1943. Lo citiamo:
“Eccovi il piano […] attentamente elaborato per una
lingua internazionale, capace di una vasta gamma di attività pratiche e scambio
di idee. […] Il potere di dominare la lingua di un popolo offre guadagni di
gran lunga superiori che portare via le terre o le province agli altri popoli,
o schiacciarli con lo sfruttamento. Gli imperi del futuro, sono gli imperi
della mente.” (Churchill, 1943)
il totalitarismo del Capitale, della Lingua che si impossessa di tutti gli spazi togliendo ogni scarto e omologandolo a sé. L’impero della mente “trasforma l’esistenza in un atto mancato” ma perché “ha preso possesso delle nostre emozioni” e “muore e decide le nostre azioni” e più si fa dimenticare, più impera. Insomma un totalitarismo subdolo perché diventa assoluto nel momento in cui cancella la sua presenza.
il totalitarismo del Capitale, della Lingua che si impossessa di tutti gli spazi togliendo ogni scarto e omologandolo a sé. L’impero della mente “trasforma l’esistenza in un atto mancato” ma perché “ha preso possesso delle nostre emozioni” e “muore e decide le nostre azioni” e più si fa dimenticare, più impera. Insomma un totalitarismo subdolo perché diventa assoluto nel momento in cui cancella la sua presenza.
IO SONO, NO NON SONO, PER ESSERE ANCORA
E invece rispetto alla totalità del nulla e del tutto, Nove contrappone l’assoluto singolare dell’istante singolare e della singolarità del nome.
E tuttavia se “l’incontrario della mente è Dio” come in chiosa finale, ecco che allora la poesia finale mette il sigillo su un concetto: Nove sembra preferire un dio che è “res amissa” cosa perduta, là dove Dio è antitesi alla totalità, ma pure singolarità assoluta, nome. Aldo che sempre a Giocato a perdere Antonello, lo ritrova come tale nel momento dell’estrema perdita di Aldo, nell’estremo fallimento del personaggio-io, se inteso come adulto. Se invece inteso come gioco, ecco la filastrocca, ecco Rodari - ecco l’infanzia come libertà dall’Io, ma pure come ritorno ad un’ infanzia della storia che poi si giocherà ancora, si sta per giocare:
Io sono un bambino
che gioca a nascondino
con Dio, cioè con sé stesso.
Sono l’adesso.
Sono l’adesso.
tornare al punto d’origine, rigiocare in
quello, come fosse un adesso, l’adesso che siamo.
Nove prende il cuore di tutta la riflessione, che da un lato tocca le vette di un altissimo dell’esistenza e dall’altro a che dentro questa esistenza c’è falsificazione, costruendo un testo che vorrebbe dire la verità esibendo la sua mancanza. Dopo sette poemetti, in questo vorrebbe chiudere la partita con Sé stesso, tornandoci. Che dio gioca a nascondino ,da Pascal al misticismo, anche Ebraico “Così dice anche Dio: Io mi nascondo, ma nessuno mi vuole cercare” (M Buber, I racconti dello Chassid). Dio si nasconde per risuscitare il desiderio dell’uomo di cercarlo, perché solo chi desidera è capace di incontrare Dio. Là dove allora io, che sono Dio, sembro aver perso del tutto me stesso, lì potrò ritrovarmi. Del tutto perduto (passato) mi ritroverò (futuro) in questa altalena, che si illumina d’azzurro nel perfetto e impossibile bilanciamento temprale, tra il giorno della sua nascita e della sua morte, il bambino è finalmente bambino, adesso. E adesso inizia la storia. Vuoi sentirla?
Nove prende il cuore di tutta la riflessione, che da un lato tocca le vette di un altissimo dell’esistenza e dall’altro a che dentro questa esistenza c’è falsificazione, costruendo un testo che vorrebbe dire la verità esibendo la sua mancanza. Dopo sette poemetti, in questo vorrebbe chiudere la partita con Sé stesso, tornandoci. Che dio gioca a nascondino ,da Pascal al misticismo, anche Ebraico “Così dice anche Dio: Io mi nascondo, ma nessuno mi vuole cercare” (M Buber, I racconti dello Chassid). Dio si nasconde per risuscitare il desiderio dell’uomo di cercarlo, perché solo chi desidera è capace di incontrare Dio. Là dove allora io, che sono Dio, sembro aver perso del tutto me stesso, lì potrò ritrovarmi. Del tutto perduto (passato) mi ritroverò (futuro) in questa altalena, che si illumina d’azzurro nel perfetto e impossibile bilanciamento temprale, tra il giorno della sua nascita e della sua morte, il bambino è finalmente bambino, adesso. E adesso inizia la storia. Vuoi sentirla?
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RispondiEliminaDopo 3 anni in una relazione con il mio ragazzo, il mio ragazzo ha iniziato ad uscire con altre ragazze e mostrarmi un amore freddo, in diverse occasioni minaccia di rompere con me se oso interrogarlo sulla sua relazione con altre ragazze, ero totalmente devastato e confuso fino a quando un mio vecchio amico mi ha parlato di un incantatore su Internet DR GREAT che aiuta le persone con i loro problemi di relazione e matrimonio grazie ai poteri degli incantesimi d'amore, all'inizio ho dubitato che una cosa del genere esista mai, ma ho deciso di darla una prova, quando lo contatto, mi ha detto tutto quello che dovevo fare e l'ho fatto e mi ha aiutato a lanciare un incantesimo d'amore e nel giro di 28 ore il mio ragazzo è tornato da me e ha iniziato a scusarsi, ora ha smesso di uscire con le ragazze e lui è con me per sempre e per davvero. Contatta questo Great Spell Caster per la tua relazione o problema matrimoniale.Ecco il suo contatto ..
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Ciao, mi chiamo la signora Claudia Javier non posso nascondere questa grande testimonianza che ha luogo nella mia vita amerò tutti per sapere che è per questo che continuerò sempre a condividere la mia testimonianza a tutti su come questo grande potente incantatore chiamato Dr Odiboh , aiutami a riportare mio marito che mi ha lasciato sette mesi fa per un'altra ragazza e aiutami anche a rimanere incinta per lui, è stata una grande sorpresa per me perché non credo mai che lo riprenderò e rimarrai incinta, perché siamo sposati da più di cinque anni ma non abbiamo potuto avere un figlio più tardi mio marito ha iniziato a tradirmi e mi ha lasciato per un'altra ragazza, mi si spezza il cuore ero confuso e non sapevo più cosa fare, ogni giorno piangi e piangi cerco di fare del mio meglio per riaverlo indietro ma non sono riuscito a contattare qualche incantatore ma non sono riuscito a risolvere il mio problema fino a quando un mio amico non mi ha presentato questo potente potente incantatore l'ho contattato tramite (odibohsolutionhome@gmail.com) gli ho detto tutto il mio problema ha detto che mi aiutiamo ma è stata una grande sorpresa per me mio marito che mi ha lasciato da quando sette mesi fa è tornato da me dicendo che avrei dovuto perdonarlo e che sono riuscita a rimanere incinta per lui è stato proprio come un sogno per me era solo il lavoro manuale di questo potente incantatore. Consiglio se hai qualsiasi tipo di problema o difficoltà che ti disturba nella vita è solo per te contattare questo potente incantatore che può aiutarti a risolvere il tuo problema, perché mi ha salvato. Questo è il suo numero whatsapp +2347048883838
RispondiEliminaDA LEGGERE: Sto scrivendo questo articolo per apprezzare il buon lavoro del dottor Padman che mi ha aiutato di recente a riportare indietro mio marito che mi ha lasciato per un'altra donna senza motivo negli ultimi 3 anni. Dopo aver visto un post di una donna di nome Karen Pedro su Internet che testimoniava come è stata aiutata dal dottor Padman. Ho anche deciso di contattarlo per chiedere aiuto perché tutto quello che volevo era che ottenessi mio marito, la felicità e assicurarmi che mio figlio crescesse con suo padre. Sono felice oggi che mi abbia aiutato e posso dire con orgoglio che mio marito è di nuovo con me e ora è innamorato di me come mai prima d'ora. o hai bisogno di aiuto di qualsiasi tipo, contatta il dottor Padman oggi perché ti garantisco al 100% che ti aiuterà proprio come mi ha aiutato la sua Email: padmanlovespell@yahoo.com WhatsApp +19492293867 Sito web: https://padmanspell.com
RispondiEliminaCOME HO TROVATO IL FAVORE NELLE MANI DEL Dr. Adeleke ... Mi chiamo Agda Noah e vengo dagli Stati Uniti, Washington. Ho sempre promesso di raccomandarti alle persone là fuori che potrebbero anche aver bisogno del tuo aiuto, perché trovare la tua e-mail è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata, Dr. Adeleke sei l'uomo più premuroso e compassionevole che abbia mai conosciuto. Ero così giù dopo essere stato senza amore per quasi cinque anni. Ho richiesto un incantesimo d'amore di ricongiungimento e sorprendentemente ha funzionato. Vivo felicemente con l'uomo più adorabile al mondo ed è per questo che ho pregato. Grazie Dr. Adeleke non sarebbe abbastanza, considerando quello che hai fatto per me, così ho deciso di condividere questa testimonianza del tuo lavoro manuale a tutto il mondo per conoscere il tuo buon lavoro per me. Puoi contattare quest'uomo per qualsiasi problema di relazione e anche lui ti aiuterà, tramite la sua e-mail: aoba5019@gmail.com o chiamalo / whatsApp +27740386124
RispondiEliminaHast du schon von Lord Okasia gehört? Dieser Mann ist ein Genie, er kann mit seinem wundersamen Zauber alles machen. Mein Freund war beleidigend und ein Betrüger, ich liebe ihn so sehr und wollte ihn nicht an einen anderen verlieren, also begann ich online nach Hilfe zu suchen, als ich auf Zeugnisse von Menschen stieß, die Lord Okasia für seine Hilfe dankten und lobten, also kontaktiere ich ihn Sofort erzählte ich ihm meine Situation und er versprach mir zu helfen. Ich tat genau, was er mir gesagt hatte und alles über die Betrugsgewohnheiten und das missbräuchliche Verhalten meines Freundes änderte sich zum Besseren, er ist jetzt so nett und fürsorglich. Ich bin so stolz auf Lord Okasia. Hast du Probleme mit deiner Beziehung? Kontaktieren Sie ihn für Hilfe per WhatsApp: +2347026824593 oder per E-Mail: okasiatempleofsolutioncenter@gmail.com
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