lunedì 2 settembre 2024

SINNO (E LATTANZI O D'ADAMO): CORPI ESTRANEI ANTILETTERARI, QUINDI LETTERARI?


Allora, lunga riflessione : il libro di Neige Sinno, “Triste tigre” ha avuto notevoli riconoscimenti letterari in Francia, è stato tradotto in Italia da Neri Pozza con la traduzione di Luciana Cisvani e anche da noi ha avutro un certo consenso, considerando che è un libro certo anche duro.
E’ un libro complesso, lucido, analitico, quasi chirurgico, una testimonianza da parte di una vittima di stupro subìto da bambina e a lungo, e oggi è critica letteraria, studiosa e scrittrice.
Tuttavia (e forse i suoi stessi dubbi non potevano che approdare a questo) il libro direi che è "da leggere", ma al tempo stesso è un libro irrisolto e precario perché racconta, analizza l'esperienza di vittima di uno stupro prolungato per alcuni anni, subito da parte del suo patrigno ( alcuni anni significa negli anni dell'infanzia tra i sette otto e i quattordici anni)
Ed è un'esperienza tremenda e difficile anche da raccontare.
In qualche modo questo libro vorrebbe anche superare tutte le ambiguità della narrativa autofiction, del racconto di testimonianza, interrogandosi continuamente su che tipo di libro “si sta scrivendo” (auto analisi e auto interrogazione meta letteraria vanno di pari passo).
Questa analisi di ciò che è accaduto, di chi sia il patrigno, di cosa prova lei come vittima trenta anni dopo scorre parallelamente all'esigenza di stabilire una verità, una verità di quello che le è accaduto e anche una verità e forse una giustizia come considerare moralmente quello che le è accaduto.
Però il libro alla fine se è estremamente complesso, se apre continuamente delle questioni, anche raffinate in certe parti a queste rimane incagliata: Tipo: questo non è un romanzo, (questa non è una pipa, Magritte) questa non è una autofiction, è qualcosa di diverso, è un memoir, una testimonianza, così lo afferma Sinno.
Però è come se il suo limite fosse proprio questo (il limite è il "questo" parola chiave della "fenomenologia" di Hegel) : lo che da un lato elabora continuamente la questione metaletteraria, meta-scrittura, meta riflessione su quello che sta facendo e di chi è la voce che sta “parlando o scrivendo” quella voce che dice io e dall'altra però anche di chi essendo la vittima che subito quello stupro non può dire, non può trasferire nel “detto” qualcosa che nella sua esperienza è indicibile. Il vero dramma è: che cosa è "questo" che mi è accaduto? al mio corpo. Come posso "dirlo"? e "posso" dirlo, raccontarlo?
Il risultato è un libro composito che spesso elabora, apre continuamente delle domande, delle questioni ma fondamentalmente si rifiuta di diventare libro letterario pur essendo tantissimo un libro meta-letterario il che alla fine può sembrare anche supponente dirlo, o anche arbitrario dirlo da parte di un maschio, ma ne fa un libro fondamentalmente noioso. Straniante.
Un libro assai stimolante E (dico “e” e non “ma”) insieme noioso.
Forse perché non riesce ad essere niente di definito. Ma incagliandosi nella definizione e rifuggendo da ogni letterarietà.
E forse però è anche vero che non c'è una collocazione di genere per questo tipo di libro tra l'altro per un libro che vuole essere testimonianza, lei lo dice spesso, vuole parlare dell' “argomento” non vuole essere letta in quanto scrittrice, ma vuole essere letta in quanto persona che sta comunicando un argomento e però alla fine è la dannazione della scrittura, è l’intermediazione che deve passare, E passare per forza attraverso questo tipo di mediazione che è la scrittura stessa, che ha bisogno di essere valutata e di conseguenza questa valutazione influisce anche sull’efficacia di trasmissione dell’esperienza.
La scrittura ha sempre bisogno di di essere bella.
E questo continuo sottrarsi alla bellezza, ma anche questo desiderare di riuscire a trovare “il punto” per cui quasi volesse fondare una “nuova bellezza” è in qualche modo la sua forza magnetica, come libro che ti rimane attaccato; ma è al tempo stesso il suo limite letterario.
Considerazione Post-scriptum
Però da questo punto di vista mi fatto venire in mente altri libri simili in Italia, due in particolare. Uno è ”Come d’aria” di Ada D'Adamo che ha vinto il Premio Strega. Ora per molti anche un libro che non meritava lo Strega perché non è un libro “scritto bene”, cioè non è un libro che ti lascia un'esperienza di scrittura. Questo da un lato se io paragono alla letteratura, alla grande letteratura è pur vero è anche vero per esempio che Neige Sinno analizza quale sia la “grande letteratura”, Ad esempio scrive Sinno è è Lolita di Nabokov cioè uno scrittore che ha praticato un difficile equilibrismo, creando un libro in cui in prima persona parla uno stupratore-narratore (anch’egli uomo di lettere, HH). La bellezza della scrittura (di Humbert? Di Nabokov certo) crea questo doppio, diciamo ambiguo per cui può sembrare la bellezza e l'intelligenza dello stupratore che in qualche modo falsifica la sua colpa, confonde la sua colpa, cerca di giustificarla, cerca di creare degli argomenti che in qualche modo attenuino la sua colpa. Ecco, quella è la letteratura. Ed è quello che dà fastidio a Neige, che pone un ‘esigenza morale.
Ma non pone un’esigenza letteraria.
E allora se quella è la letteratura, chi ha cuore di dire cose “che non si possono raccontare” in letteratura, si deve collocare per forza nell'ambito di una scrittura che non-è-una-scrittura, che non è una scrittura letteraria o “bella” secondo canoni correnti.
Neige Sinno in qualche modo lo fa lo fa , lo ha fatto a modo suo Ada D’Adamo la quale tuttavia con i suoi appunti non si poneva affatto il problema letterario, almeno inziale, ma certo si poneva il problema di un’esistenza, quella della figlia, che era totalmente FUORI dall’esperienza cognitiva del linguaggio e quell’esperienza D'Adamo l'ha raccontata, arrivando a mette in gioco "L'altro linguaggio" quello della danza, da danzatrice e coreografa quwale era.
D’Adamo aveva raccolto I suoi appunti di vita, lo aveva fatto per testimoniare la crescita diquelal sua figlia, sofferente di un rara malattia congenita, una condizione dolorosa e di fotissimi limiti congitivi. A questo si era aggiunto il fatto della preoccupazione per quella creatura, perché le era stato diagnosticato un tumore che le dava pochi anni di vita e da mare si angosciava per il futuro di quella figlia.
Ha voluto dunque lasciare qualcosa che "raccontasse" anche qui l'irraccontabile, a nessuno era accessibile l'interirità della figlia Daria, la stessa figlia non poteva traslarlo in nessun modo, neppure con macchinari. Era dunque necessario per D'Adamo lasciare una testimonianza per la figlia, ma paradossalmente per una figlia che non avrebbe mai potuto leggerla.
Al tempo stesso dato che il nucleo profondo dell'esistenza di questa figlia era appunto qualcosa che dovremmo definire, in maniera magari banale, generica, "l'indicibile", è chiaro che una scrittura migliore non sarebbe stato il punto centrale, né tanto nemo "l'abbellimento" sarebbe servito, anzi, forse sarebbe stata una distanza ulteriore, un peggiormento. Eppure l'urgenza di dire cose che non si possono dire resta. Perché sempre più quella è la parte di novità della cosceinza collettiva: la particolarità la singolarità assoluta delle vite e il loro (vecchia parola) "mistero".
Direi che lo fa anche Antonella Lattanzi col suo “Cose che non si raccontano” costruendo, da grande scrittrice quale è, un libro in qualche modo anti-letterario, anti retorico, diciamo così,
Ecco allora forse in fondo la cosa che mi chiedo è: questi libri, come quello di Ada D'Adamo, come quello di Antonella Lattanzi e come quello di Neige Sinno, rifiutandosi di essere letterari, avendo come quasi ossessione la verità, l'oggettività, l'esperienza vissuta, l'argomento, la cosa, non stanno per caso esprimendo un desiderio di porre una questione alla letteratura? Magari praticando una forma estrema anche di non letterarietà di a-letterarietà diciamo così?
Nella storia dell'arte nella storia in generale di tutte le arti mi viene in mente però soprattutto l'arte figurativa o comunque diciamo l'arte, non figurativa proprio l'arte. Siamo pieni di esperienze di ricerca o di provocazione avanguardista o di liberazione da ogni estetica, siamo pieni di oggetti diciamo che riteniamo “artistici “ anche se non hanno nessuna” bellezza” anche se sono “poveri” ( c'è stata un certo punto anche “l'arte povera” che poi è diventato un elemento importante anche della storia dell'arte ma l'arte povera era appunto una materialità veramente di basso livello per certi aspetti, una durezza di questa materialità rispetto a ogni forma artistica).
Esempi anche altissimi di fuoriuscita dai linguaggi artistici medesimi, da quelli che erano considerati linguaggi fino a quel punto. Mi chiedo se questi libri anche nel loro non essere “belli” secondo l’aspettativa letteraria corrente (con una reazione di lettori “conservatrice” nel dire “non sono belli”) non sia invece una sorta di “forma di espressionismo”, perché raccontano esperienze interne alla nostra vita (non sono esterne) ma certo “estreme”, corpi estremi, radicalmente altri eppure con noi, vicino a noi. E però hanno bisogno di un'altra letteratura (altro stile) che sarà sempre letteratura e sarà sempre scrittura, ma hanno bisogno di un percorso di alterità e che forse è questo quello che fa questo libro di Neige Sinno, che mi stimolato moltissimi pensieri e dubbi, moltissime riflessioni, ho preso molti appunti, ho scritto pagine, ma adesso sarebbe inutile sintetizzarle qui, anche già questo che sto scrivendo è un intervento fin troppo lungo perché mi preme soprattutto questa domanda non mi preme tanto analizzare il libro in sé posso trovare dei limiti in questo libro li condivido ma: mi chiedo sempre se non ci stia indicando nel suo “inciampare” letterario, una via altra della letteratura possibile (e futura)
PPs
Intentato grazie a chi è arrivata fino a qui. Leggo le dichiarazioni demragazzo che ha ucciso la famiglia a Paderno
Dugnano “mi sentivo in corpo estraneo”.
Con quale letteratura racconteremo (o lui potrà raccontare chissà ) questa estraneità ? Questo indicibile del suo gesto, come del resto quella dell'altro giovane Moussa Sangare. Come possiamo dire tutto ciò senza che suoni falso come la letteratura? Con quale altra letteratura?

SINNO (E LATTANZI O D'ADAMO): CORPI ESTRANEI ANTILETTERARI, QUINDI LETTERARI?

Allora, lunga riflessione : il libro di Neige Sinno, “Triste tigre” ha avuto notevoli riconoscimenti letterari in Francia, è stato tradotto...